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L’insegnante di sostegno e l’AEC sono due figure professionali differenti che aiutano il bambino in difficoltà nel suo percorso scolastico e di inclusione.

L’insegnante di sostegno
La figura dell’insegnante di sostegno è disciplinata dalla legge 517/77, che prevede l’aiuto di un professionista a fianco del bambino portatore di handicap all’interno della scuola. Il suo ruolo è quello di facilitare il disabile nel suo percorso di studi e di attuare forme di integrazione a favore degli alunni disabili.
L’insegnante di sostegno ha dunque un ruolo determinante nel processo di inclusione; Integrato all’interno dell’istituzione scolastica, lavora con la classe, così da fungere da mediatore tra l’allievo disabile e i compagni, tra l’allievo disabile e gli insegnanti, tra l’allievo disabile e la scuola.
L’insegnate di sostegno lavorerà quindi costantemente e in continuità con gli insegnati del team, fin dalla programmazione e progettazione delle proposte didattiche, al fine di individuare le migliori strategie atte alla realizzazione di processi integrati di insegnamento all’interno di quello specifico gruppo classe.
L’insegnante di sostegno è dunque un mediatore tra la scuola e il bambino. Partecipa alle lezione durante l’orario scolastico e si assicura che l’alunno segua il piano didattico personalizzato previsto per il suo caso.
L’insegnante di sostegno ha diverse mansioni di cui deve occuparsi all’interno della scuola.
In genere il suo ruolo non è molto diverso rispetto a quello di un comune insegnante: egli infatti deve preparare le lezioni che verranno svolte in classe, le attività individuali e di gruppo nonché occuparsi anche dei compiti che dovranno essere svolti a casa dallo studente.
Non mancano certamente le opportune verifiche, i test di valutazione oppure le interrogazioni al fine di valutare il livello dello studente.
L’insegnante di sostegno deve poi tenere in considerazione il profilo sia psichico che fisico del ragazzo con cui si andrà a rapportare. Generalmente, il profilo del ragazzo viene fornito dallo staff medico e socio-sanitario in modo tale che il professore possa pianificare un programma educativo adatto. Naturalmente nell’elaborazione di questo programma l’insegnante dovrà anche confrontarsi con la famiglia del ragazzo, con eventuali altri insegnanti precedenti nonché con gli specialisti che lo seguono (ad esempio il componente dell’equipe riabilitativa deputato ai rapporti con le istituzioni scolastiche se frequenta da un Centro ex art. 26). 
Semplificare lo studio e renderlo di più facile apprendimento è uno dei compiti fondamentali di questa figura professionale: le materie infatti potrebbero risultare troppo difficili da comprendere oppure le attività motorie troppo complesse da svolgere.
Naturalmente non bisogna dimenticare anche la parte amministrativa: questo insegnante infatti deve anche partecipare ai consigli di classe, alle riunioni, occuparsi dei registri degli studenti, incontrare le famiglie e molto altro ancora.
 
La figura dell’AEC
AEC è una sigla che indica l’assistente educativo culturale. Questa figura professionale opera sul piano relazionale e sociale, per favorire l’integrazione del bambino diversamente abile all’interno della scuola. A seconda dei casi, può collaborare con la figura che si occupa del sostegno o sostituirsi a lui.
L’AEC deve favorire i processi di autonomia del bambino e sostenerlo dal punto di vista fisico, psicologico e sociale.
Questa figura professionale è prevista dalla legge 104/92, che specifica il suo ruolo e i suoi compiti:
favorire l’autonomia degli alunni disabili sia all’interno della scuola, durante le attività didattiche e educative, che all’esterno della scuola, durante gite, uscite didattiche, visite culturali, campi scuola, ecc.;
facilitare l’integrazione e la comunicazione dell’alunno disabile in classe;
aiutare l’alunno disabile nelle attività igienico-sanitarie;
sostenere l’alunno disabile negli spostamenti all’interno della scuola;
assistere l’alunno disabile nel momento dei pasti, per l’assunzione di cibi e bevande;
partecipare alle attività di programmazione e di verifica dell’alunno che segue.
L’AEC opera in diversi gradi e ordini scolastici, che sono:
scuola dell’infanzia;
scuola primaria;
scuola secondaria di primo grado.
Svolgendo le attività sopra elencate, l’Assistente Educativo Culturale collabora con diverse figure professionali, tra cui:
Insegnanti;
Collaboratori scolastici;
Referenti delle strutture sanitarie e dei servizi territoriali.
Tuttavia, gran parte dei suoi compiti sono svolti affiancando l’Insegnante di sostegno durante le attività formative e ricreative.

Assegnazione dell’insegnante di sostegno


In primavera, sulla base delle iscrizioni nella propria scuola, il Dirigente Scolastico è tenuto a richiedere al CSA (Centro Servizi Amministrativi, ex Provveditorato agli studi) l’assegnazione complessiva per il proprio istituto di un adeguato numero di insegnanti di sostegno, in base a quanto emerso per gli alunni con disabilità dalla diagnosi funzionale e da un primo embrionale PEI.

Prima dell’inizio dell’anno scolastico il Dirigente, dopo aver ricevuto la comunicazione del contingente degli insegnanti di sostegno assegnato, procede, in collaborazione con il GLH.i (composto da dirigente, insegnanti di sostegno, rappresentanti dei genitori, rappresentanti degli operatori socio-sanitari e degli alunni nella scuola superiore) alla ripartizione di tali risorse.


Assegnazione ore di sostegno: come si decide un sostegno didattico
Il numero delle ore di sostegno viene determinato in base alla proposta del Gruppo di Lavoro Operativo (GLO), un team con specifiche funzioni appositamente predisposto all’interno di ogni plesso. Nello svolgimento delle loro funzioni, il GLO quantifica le ore sulla base del singolo alunno disabile presente nella scuola; successivamente, il dirigente dovrà sommare il numero di ore per chiederne l’assegnazione ufficiale all’USR. Il lavoro posto in essere dal Gruppo di Lavoro Operativo assume il ruolo di vera e propria proposta da consegnare al dirigente scolastico entro la fine di giugno, e cioè entro il termine di scadenza. Tale proposta, tra le altre cose, deve contenere in modo inderogabile le ore da assegnare per l’anno accademico successivo.
Il nodo del dibattito si concentra proprio sul ruolo del Gruppo di Lavoro Operativo e sul peso della loro proposta: ci si chiede, in primo luogo, chi deve decidere il monte ore da garantire a ogni alunno dotato di certificazione di disabilità e, in secondo luogo, se la proposta del GLO sia o meno vincolante per i dirigenti.
Sulla questione è intervenuta la giurisprudenza con una sentenza del Consiglio di Stato del 23 marzo 2017, a cui è seguita un’altra pronuncia più recente, emessa nell’ottobre del 2019 dalla Corte suprema di cassazione che ha finalmente chiarito ogni dubbio, dando la giusta interpretazione della norma.
Con la pronuncia del 2019, divenuta giurisprudenza consolidata, la suprema Corte ha infatti ribadito le argomentazioni del Consiglio di Stato presenti nella sentenza del 2017. 
Considerazioni che, insieme alla legge numero 104, assurgono a normativa di riferimento per tali questioni.
 
Le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione: scuola vs famiglie
Nel caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato, vi era una contrapposizione tra il GLO che proponeva un quantitativo di ore di sostegno esattamente corrispondente all’orario scolastico di un alunno della scuola dell’infanzia don disabilità grave accertata e l’amministrazione scolastica che ne concedeva solo una parte, in ragione di motivazioni attinenti la necessità di contenimento della spesa pubblica.
La decisione del Consiglio di Stato, adito dall’istituzione scolastica a seguito della sentenza di primo grado, è divenuta l’orientamento giurisprudenziale prevalente.
Secondo il Consiglio di Stato la posizione degli alunni colpiti da disabilità deve prevalere sull’aspetto economico, così come aveva asserito la Corte costituzionale nella sentenza n. 80 del 2010 nella quale veniva specificato che “ad un maggiore livello di disabilità deve corrispondere un maggior grado di assistenza”. 
Nello specifico, il giudice ribadiva nella sentenza che l’organo competente a valutare le esigenze concrete degli alunni con disabilità è esclusivamente il GLO, dal momento che è composto sia da personale scolastico che da professionisti con specifiche competenze medico-psichiatriche, il cui giudizio è indefettibile.
Inoltre, il Piano Educativo Individualizzato previsto con la legge 104 del 1992 sottopone l’amministrazione scolastica all’obbligo di garantire un supporto per il monte ore che è stato programmato. In questo modo ha eliminato completamente la sua discrezionalità in merito alla riduzione del numero di ore a causa delle risorse a disposizione della scuola.
In termini pratici, questo significa che il GLO ha la competenza a decidere quante ore di sostegno devono essere predisposte per l’anno successivo in base al numero di disabili presenti nelle classi e al livello di gravità che essi presentano.
 
L’osservanza della legge 104/92 alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale
L’orientamento giurisprudenziale che abbiamo appena descritto va letto e applicato in modo combinato con la legge 104 del 1992, con specifico riguardo al comma 1 dell’art. 3 che distingue due condizioni diverse, l’handicap e l’handicap grave. 
Nel primo caso la persona presenta una minorazione psichica, fisica o sensoriale che causa problemi di apprendimento, integrazione e relazione, con difficoltà a lavorare e dunque con rischio di emarginazione. In questa ipotesi la scuola è tenuta ad assegnare all’alunno un quarto dell’orario previsto dalla legge di un insegnante di sostegno: 6 ore e un quarto per la scuola dell’infanzia, 5 e mezzo per la primaria e 4 e mezzo per la scuola secondaria.
Leggendo il monte ore disponibili, si comprende bene che è la stessa legge che indica in modo preciso il numero di ore che è possibile mettere a disposizione per ogni alunno ed esula dalle limitazioni imposte dal budget disposto dal Ministero della pubblica istruzione. 
In ogni caso, anche la legge 104 va applicata considerando il caso specifico, dal momento che la disabilità è un mondo molto particolare nel quale non è possibile generalizzare né fare previsioni troppo anticipate. Continuando la nostra trattazione, all’art. 3 comma 3 della legge 104 viene data definizione di handicap grave, sostenendo che rientra in questo caso la persona che presenta una minorazione singola o plurima tale da aver ridotto la sua autonomia personale, valutata in base all’età. Minorazione che rende necessario l’intervento assistenziale continuativo, globale e permanente da parte delle istituzioni.
In primo luogo, specifichiamo che l’accertamento della gravità o meno della disabilità non può essere valutata dalla scuola, che non ha le competenze medico-scientifiche, ma da una Commissione Medica qualificata, come previsto dall’articolo 5 del Decreto legislativo 66.
La decisione della commissione, ovviamente, dovrà poggiare su parametri scientifici precisi ed essere fondata sul dettato normativo. Se ciò avviene, si applica l’art. 3 comma 3 della legge 104 che prevede tre diversi benefici:
accesso alla copertura dell’orario scolastico totale, con insegnanti di sostegno e con specifici servizi assistenziali erogati dagli enti locali
contributi per l’acquisto di ausili e strumenti per favorire l’autonomia
agevolazione per i genitori per quanto riguarda le ore di lavoro.
 
Cosa fare in caso di violazioni? Se l’insegnante di sostegno non viene assegnato o se le ore sono insufficienti la famiglia, non appena a conoscenza di quanto assegnato, può presentare ricorso al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) avverso l’Istituto scolastico, il CSA ed il Ministero dell’Istruzione mettendo in evidenza la grave lesione di un diritto costituzionalmente garantito (oggi ulteriormente sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2010), quale quello dell’istruzione scolastica, e la richiesta di un’ordinanza d’urgenza di assegnazione del sostegno così come già   richiesto.